CON SENTIMENTO – I derby non esistono

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Questa volta, partiamo un po’ da lontano. Forse da molto lontano. Addirittura da un mondo lontanissimo dal nostro: quello del calcio. Forse non tutti conoscono la storia del Perugia Calcio, della gloriosa squadra biancorossa che noi perugini possiamo considerare la “madre” di tutte le nostre passioni sportive. Il Perugia, quello che noi abbiamo visto da vicino, ci ha regalato tra l’altro, in epoche diverse, tredici partecipazioni al massimo campionato di calcio, un intero campionato di serie A senza sconfitte, due partecipazioni alla Coppa Uefa, decine di campioni che hanno vestito la maglia col Grifo sul petto, ed un eroe, Renato Curi che, quella maglia, l’ha indossata fino all’ultimo istante della sua vita.

Il Perugia è in qualche angolo del cuore di tutti noi. Il Perugia ha vissuto stagioni di gloria e periodi bui. Uno dei peggiori, fu senza dubbio quello della primavera 2010. Il 20 maggio 2010 il Tribunale di Perugia decretò infatti il secondo fallimento del Grifo nell’arco di cinque anni, durante i quali la squadra passò dalla Serie A alla serie D, dal paradiso del calcio nazionale all’inferno del pianeta dilettantistico. L’onta della serie D, per un club che dagli scontri con Juventus, Milan, Napoli… si ritrovò a giocare con le squadre di piccole cittadine, perfino di minuscole frazioni, addirittura di quartieri del capoluogo di regione. Insomma quella serie D fu un susseguirsi di sfide con piccole squadre che, in condizioni “normali”, il Perugia avrebbero potuto affrontarlo al massimo nelle amichevoli del giovedì, non certo da “pari grado”. E, delle diciotto squadre di quel girone della serie D in cui fu inserito il Perugia, ben otto erano umbre. Fu insomma un campionato pieno di “derby”, che gli avversari del Grifo affrontarono sempre col coltello tra i denti, per battere… la grande squadra caduta in disgrazia. Non fu facile quella stagione. Ma il Perugia era più forte delle altre e alla fine quel campionato lo vinse, riconquistando il calcio professionistico.

Derby è una parola fin troppo abusata. I derby “veri”, se proprio vogliamo essere precisi, sono quelli che si giocano tra squadre che occupano lo stesso impianto. Juve-Toro, Milan-Inter, Roma-Lazio, ecc. Il resto è un esercizio giornalistico, una maniera facile per dare importanza a qualcosa che spesso, realmente, non ne ha più di qualsiasi altra partita… Che derby poteva essere quello tra Perugia e Ponte Vecchio? Perugia-Todi o Perugia-Deruta sono derby? Via, non scherziamo. Semmai, chiamare “derby” quella partita lì, avrebbe finito solo per caricare ancora di più, se mai ce ne fosse stato bisogno, un avversario che nemmeno nei sogni avrebbe potuto immaginare di giocare al Curi o di affrontare nel proprio impianto il Perugia, in una partita vera… E i tifosi del Perugia, quelli non li hanno mai considerati derby. Quelli erano “incidenti di percorso”, mali necessari in una sorta di purificazione non richiesta, ma obbligata dal destino…

Ecco, questo lungo viaggio, per dire questa volta, qualcosa di magari molto poco romantico. Ovvero che, se vogliamo crescere, se vogliamo guardare ad obiettivi di un certo livello, se vogliamo alzare lo sguardo verso qualcosa di importante, dobbiamo ignorare il concetto di derby: le partite che in questo campionato ci opporranno alle altre squadre della nostra regione non hanno nessun significato particolare. Non è snobismo, è semplicemente che, per noi, i derby, non devono esistere. Esistono tredici avversarie, tutte ugualmente degne dello stesso rispetto e tutte da affrontare con lo stesso obiettivo: dimostrare che noi siamo i più forti. Non c’è una competizione ristretta tra le formazioni umbre, non c’è una classifica avulsa che vale qualcosa di particolare, considerando i soli confronti tra le squadre della stessa regione. E’ arrivato il momento di ragionare “da grandi”, di pensare a cosa vogliamo diventare “da grandi”. Di fregarcene del titolo di “reginetta dei derby” che, francamente, non ha alcun significato. Se non forse quello di accendere una competizione davvero priva di senso. Ognuno ha i suoi obiettivi da raggiungere. Ognuno va per la sua strada. Dovrà essere molto poco romantico, ma terribilmente necessario, ragionare in maniera concreta: ci saranno quattro posti utili per salire di categoria. Ci interessano quelli; il resto, le rivalità parrocchiali, le lotte fratricide, non hanno alcun peso particolare. Affrontare certe partite con chissà quale spirito, con una determinazione diversa da qualsiasi altra partita, come se certe partite “valessero un campionato”, secondo noi, non ha nulla a che vedere, per esempio, con i valori dello sport, con quella formula spesso dimenticata che risponde al nome di “lealtà sportiva”. Dobbiamo crescere, tutti, soprattutto nello sport. Smetterla di guardare solo al nostro orticello o magari cercare di fare un dispetto in quello degli altri. L’Umbria ha bisogno di grande pallavolo, di qualunque colore o città. Ognuno cerchi di raggiungere il massimo di quello che è nelle sue possibilità. Non facciamo la corsa sugli altri: facciamo la corsa all’eccellenza!

La storia, poi, dirà chi sarà stato più bravo. Il 12 luglio 2010 nacque, dalle ceneri del “Perugia fallito”, l’Associazione Sportiva Dilettantistica Perugia Calcio, che s’iscrisse alla Serie D. Con una denominazione diversa da quella gloriosa di “A.C. Perugia”, ma nel solco della stessa tradizione. Il suo stadio è stato da subito il “Renato Curi”. All’inizio della stagione 2012-2013, la Wealth Planet Perugia è approdata all’Evangelisti per disputare il campionato di serie B1. Non era la gloriosa Sirio Perugia, scomparsa qualche mese prima. Ma si è inserita nel solco della stessa tradizione. In cinque anni di serie B1 giocati all’Evangelisti, abbiamo visto gli avversari farsi la foto ricordo sotto le volte arcuate nel nostro palasport, come le piccole squadre di paese se la facevano al Curi quando venivano ad affrontare il Perugia, forse non credendo ai loro occhi… Abbiamo sentito gli allenatori avversari citare le campionesse che hanno vestito la maglia di Perugia e ricordare i loro tanti successi… Il “Renato Curi” è stato lo stadio di Nakata, di Ravanelli, di Paolo Rossi e Marco Materazzi. L’Evangelisti è stato la casa di Regla Torres, di Fofao, di Antonella Del Core e Simona Gioli. Forse sarà anche per questo o solo per questo, che giocare “contro Perugia” ha un fascino particolare e ogni avversario prova ad andare oltre i propri limiti…

Sapete, in quella stagione di serie D 2010-2011, l’avversario più ostico del Perugia fu il Castel Rigone, la squadra di un paese di circa cinquecento abitanti che si trova a pochi chilometri da Perugia. Riuscì persino a batterlo il Perugia. Ma alla fine, fu il Perugia a vincere il campionato. Non conta vincere i derby, non contano gli episodi. Conta la classifica finale. E, forse, conta anche la storia. Il Castel Rigone Calcio non esiste più, quella società si è sciolta nel 2014. Il Perugia, rinato dalle sue ceneri, nel frattempo, è tornato in serie B, ad un passo dal paradiso che fu. I derby non esistono. Non sono mai esistiti. Perché, Noi, Siamo Perugia.

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